Si chiama sitting volley, uno sport che piace sempre di più, è inclusivo e permette a individui disabili di mettersi alla prova in un contesto inedito.
L’inserimento di persone disabili nel mondo dello sport non è cosa recente. Risalgono agli anni Quaranta le prime manifestazioni sportive con protagonisti proprio i disabili, promosse da neurochirurghi e ospedali. Grazie alla volontà di alcuni medici, tanti giovani ragazzi invalidi, in particolare i reduci di guerra, hanno avuto la possibilità di praticare uno sport.
Nonostante i vari tipi di handicap, dalla fine della Seconda Guerra Mondiale hanno iniziato a prendere piede programmi, studi e allenamenti per permettere ai disabili di poter svolgere un’attività fisica competitiva. Nel 1948, a Londra, prima città a promuovere l’inclusività nello sport, sono nati i primi Giochi Internazionali di Stake Mandeville, antesignani della Paralimpiadi, disputate la prima volta a Roma, nel 1960.
Lo sport all’insegna dell’inclusività: il sitting volley, disciplina sempre più popolare
Che lo sport faccia bene alla salute fisica e mentale lo sappiamo da tempo immemore, ma è piuttosto recente l’applicazione dello sport come terapia riabilitativa per le persone disabili. Lo sport come modello riabilitativo è un’intuizione sfruttata da decenni per stimolare la persona invalida, favorendo il benessere psicofisico e anche l’integrazione sociale.
Nel corso degli anni, sono milioni le persone che hanno beneficiato, e che continuano a beneficiare, del potere dello sport. L’attività motoria, ma anche lo stimolo mentale, sono essenziali per tutti gli individui, specialmente per i disabili, i quali, grazie allo sport, possono recuperare fiducia in se stessi e mettersi alla prova, sfidando se stessi e gli altri, e ritrovare così il benessere.
Negli anni Cinquanta, sono avvenuti i primi tentativi di giocare a pallavolo seduti su carrozzine, tuttavia, ci si è accorti presto che le stesse carrozzine impedivano di muoversi agilmente, rendendo molto più difficile prendere la palla al volo. La pallavolo è uno sport velocissimo, che necessita di scatti, di grande agilità e di ottimi riflessi.
La nascita di uno sport alternativo che piace a molti: la pallavolo da seduti
Negli anni Settanta, la pallavolo per i disabili si è evoluta, prevedendo migliori soluzioni per praticare questo sport, ma è soltanto con le Olimpiadi di Sydney del 2000 che il sitting volley ha avuto il suo sviluppo moderno, diffondendosi in tutto mondo. In Italia, questa disciplina è entrata a far parte degli sport della FIPAV (la Federazione Sportiva Paralimpica) a partire dal 2013.
La pallavolo per le persone disabili sta ottenendo successo di anno in anno, coinvolgendo sempre più atleti. In questo contesto, gli atleti disabili possono giocare a un livello tecnico elevato. Le regole sono praticamente uguali a quelle della pallavolo, ma ovviamente si gioca da terra, con la rete ribassata (alta 1.15 m per gli uomini e 1.05 per le donne).
I giocatori non possono sollevarsi dal campo, altrimenti commettono un fallo. I match terminano quando si vincono 5 set, ogni set termina con 25 punti. La logica è la stessa della pallavolo. Il bello di questa disciplina è che dà modo a tutti di poter giocare, perciò permette un’integrazione sociale e un’inclusività massima. Cosa mangia un giocatore di pallavolo alla vigilia di una partita?